Pittura, natura e sogno. 10 anni di arte di Francesco De Grandi in mostra a Trento
L’ampia esposizione presenta dieci anni di produzione dell’autore palermitano tra istanze contemporanee e tradizione, narrazioni corali dense di riferimenti storici e momenti di libertà
Nel sistema dell’arte odierno, fortemente condizionato dalle logiche di mercato, siamo portati a gerarchizzare i linguaggi espressivi conferendo un ruolo di secondo piano al disegno. Nell’allestimento della mostra Il sacrificio del miele di Francesco De Grandi (Palermo, 1968), alla Galleria Civica di Trento, appare evidente come le grandi tele narrative e l’ampio corpus grafico abbiano un valore paritetico. L’esposizione, curata da Gabriele Lorenzoni, ripercorre un decennio di attività del pittore sospeso tra istanze contemporanee e tradizione, narrazioni corali dense di riferimenti storici e momenti di libertà. Una delle opere che accolgono lo spettatore è l’ampia tela Medea nel giardino di Colchide (2023) dove la protagonista, ancora bambina, vaga in un giardino remoto che nella trasposizione di De Grandi è ricolmo di specie vegetali di vario tipo – dalle morfologie a tratti incongrue – e in mano reca un serpente che incarna il bene e il male.
Francesco De Grandi: un flusso continuo di disegni
La mostra assume un diverso registro espressivo quando lo spettatore arriva dinanzi a L’Atlante di anatomia immaginaria (2018) dove l’autore ha rielaborato le pagine di un volume anatomico. Lo spirito positivista e scientifico delle tavole viene stravolto deformando le immagini che divengono perturbanti, inscenando così una allegoria grottesca dell’attualità. Il Tavolo delle Idee Sacre (2012-2018) è invece una installazione composta da un flusso di disegni realizzati in momenti e con tecniche diverse spaziando da immagini più finite a semplici appunti visivi che nel loro insieme danno corpo alla complessità dell’immaginario dell’autore: vediamo infatti scorrere citazioni della storia dell’arte –dalla figura del Cristo alla colonna al celebre Adamo ed Eva di Masaccio – ma anche scene fantastiche o immaginari vernacolari. Questo variegato materiale ci dimostra come nella pratica dell’artista vi sia un interesse profondo per una varietà di fonti colte, ma anche come queste si mescolino profondamente con la cultura popolare.
De Grandi: l’installazione site-specific
Il segno assume anche una dimensione installativa con Disegno Sogni (2024), un intervento site specific dal tratto incerto poiché realizzato con la mano sinistra. Il lavoro appare particolarmente interessante perché l’autore sembra abbandonare improvvisamente il suo ego e la sua perizia tecnica aprendosi ad una voluta ‘fragilità’ come fonte di conoscenza di se stesso e del mondo. E lo fa proprio attraverso il disegno, che nella tradizione accademica era considerato il vero metro di giudizio dove per secoli gli studenti hanno appreso il mestiere cercando di imitare la sicura sinuosità del disegno raffaellesco o carraccesco. Quest’opera, libera e senza vincoli, inscena le fattezze di un pesce spada che si morde la coda rimandando al moto perpetuo incarnato dall’urobòro, una figura comune a varie civiltà.
In mostra vi sono varie opere che novellano l’idea di sacro come L’entrata di Cristo a Palermo (2015-2017) che si pone in relazione con il celebre dipinto di James Ensor o la tela inedita Onofrio Zoroastro (2024) dedicato alla celebre figura del santo anacoreta.
Nella Legenda Maior di Bonaventura di Bagnoregio, la più nota biografia agiografica di San Francesco d’Assisi, l’autore parla ripetutamente della Porziuncola dove avviene un “umile inizio della sua vita spirituale”.
Francesco De Grandi a Trento: le opere in mostra
Nel quadro Porziuncola (2019) di De Grandi il luogo appare in rovina e abbandonato, come quando Francesco esprime il desiderio simbolico di ripararla. Osservando la grande tela sembra di udire le parole di Bonaventura quando scriveva che il Santo “aveva imparato ad ammirare la magnificenza del Creatore anche nelle piccole cose”; il protagonista è infatti in mezzo alla natura attorniato dai suoi sodali e da una serie di animali, come il lupo o gli uccelli, a cui sono legati momenti cruciali della sua esistenza. Quello che colpisce del quadro non è però l’aderenza a una iconografia consolidata, ma come questo messaggio universale sia fortemente attualizzato per parlare anche dell’umanità presente. Le figure rappresentate portano abiti laceri del nostro tempo (una suona la fisarmonica e un’altra un violino) e sembrano i personaggi di strada di una periferia del mondo odierno rendendo palese come nel lavoro di De Grandi esista un intimo rapporto tra storia e presente.
Carlo Sala
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